Scianna (UBI): 40 anni di buddhismo tra memoria, interdipendenza e impegno sociale
Credit foto (C) Antonio Bocola
Per Caltalks intervistiamo Filippo Scianna, presidente dell’Unione Buddhista Italiana (UBI). In occasione del Vesak 2025 (qui il link del programma) e dei 40 anni dalla fondazione dell’UBI, che torna a Milano, città simbolo del suo inizio, prenderanno forma tre giorni di eventi, dialoghi e pratiche aperte a tutti. Con lui riflettiamo sul significato di questa ricorrenza, sull’impegno dell’UBI nella società contemporanea e sul senso profondo del Dharma oggi.
Caltalks raccoglie e condivide con i lettori i punti di vista di personalità, innovatori, decision maker e opinion leader per comprendere i temi e le scelte che stanno cambiando il mondo. Il format punta a offrire analisi e raccogliere idee inerenti ai fatti e trend che stanno modificando la società dal punto di vista economico, sociale, ambientale, tecnologico, politico e istituzionale.
Il Vesak 2025 segna anche i 40 anni dell’Unione Buddhista Italiana. Qual è il significato di questo anniversario e cosa rappresenta per lei tornare con questo evento a Milano, città dove tutto è iniziato?
C’è un significato religioso molto profondo, perché per le comunità buddhiste di tutto il mondo il Vesak è il momento più importante: si celebra la nascita, il risveglio e il passaggio del Buddha storico. È un’occasione cruciale per chi segue il suo insegnamento. Per noi tornare a Milano significa rientrare alle origini, mantenere viva la memoria dei nostri insegnamenti e allo stesso tempo guardare con consapevolezza all’impegno nella società. Il 17 aprile 1985 nasceva proprio qui l’UBI. Celebrare i 40 anni a Milano è quindi un modo per onorare quel passaggio e per farlo tutti insieme nel cuore di una delle grandi capitali europee. Una città dove si osservano con forza le trasformazioni sociali in atto.
Il tema scelto per questa edizione è la “cura”, declinata in molte direzioni: delle persone, delle relazioni, del pianeta, del fine vita. In che modo la visione buddhista può contribuire a rispondere a questo bisogno collettivo?
L’organizzazione dell’evento e i suoi contenuti riflettono l’impegno che l’UBI porta avanti da anni nel tessuto sociale. Educazione, ecologia, fine vita: sono temi centrali per la nostra comunità. Ci affidiamo, nella progettazione, a persone con sensibilità e competenze specifiche. In questo senso è importante comprendere che il contributo del buddhismo nasce da un principio cardine: l’interdipendenza. In un’epoca di crescente complessità, pensare in termini di connessione profonda tra esseri viventi e fenomeni è fondamentale. Ognuna delle aree che trattiamo oggi soffre per un’accelerazione incontrollata della complessità, e il pensiero buddhista può offrire una lettura preziosa: la compassione intelligente, fondata su una visione interconnessa della realtà. È un pensiero antico, ma straordinariamente moderno. Ed è anche uno strumento che ci permette di abbracciare la complessità con rispetto ed equilibrio.
Tra gli ospiti attesi figurano personalità del mondo religioso, scientifico, artistico e sociale. Come sono stati scelti i partecipanti e quale valore porta, secondo lei, la loro presenza in un evento come il Vesak?
Circa il 60-70% dei relatori che prenderanno parte al Vesak non è di tradizione buddhista. Ci saranno ovviamente anche maestri e insegnanti, ma la scelta è stata quella di creare un dialogo autentico, di ascolto e arricchimento reciproco. Abbiamo coinvolto persone eccellenti nei rispettivi ambiti, accomunate da una sensibilità condivisa verso alcuni temi fondamentali. La selezione è avvenuta sulla base delle loro competenze e del contributo che potevano offrire ai panel tematici. Vogliamo che anche le visioni diverse trovino spazio, perché è nella diversità che può emergere una forma profonda di ricchezza.
Uno dei momenti più significativi sarà la benedizione degli animali. Che valore simbolico e spirituale ha questo gesto nel Dharma e perché è importante proporlo anche in un contesto cittadino come Milano?
Anche in questo caso si torna al principio di interdipendenza. Dal punto di vista buddhista, tutti gli esseri desiderano la felicità e vogliono essere liberi dalla sofferenza. Certo, le condizioni esistenziali variano, ma non per questo possiamo ignorare la sensibilità e l’istinto di sopravvivenza che anche gli animali manifestano. È un modo per superare la visione antropocentrica, in cui l’essere umano domina sulla natura. In realtà siamo tutti coabitanti, condividiamo tutti lo stesso pianeta. La crisi ambientale che viviamo oggi nasce anche dalla negazione di questa verità, da una visione egocentrica e frammentata. La benedizione degli animali ha quindi molti significati e coglie diversi piani. Da quello spirituale a quello simbolico o ecologico. E grazie agli spazi di cui disponiamo per l’evento, sarà davvero possibile coinvolgere chiunque desideri partecipare.
L’UBI è attiva con numerosi progetti sociali, culturali e ambientali, anche grazie all’8x1000. In che modo questi progetti rappresentano un’estensione concreta degli insegnamenti buddhisti nella società contemporanea?
Anni fa, come UBI, abbiamo scelto di non trattenere per noi i fondi derivanti dalla quota inespressa dell’8xmille. Li restituiamo al territorio, nel rispetto del principio buddhista di non trattenere ciò che non ti è stato espressamente dato. Cerchiamo di capire dove intervenire, con l’intento preciso di alleviare forme di sofferenza. La maggior parte dei progetti sostenuti (oltre il 90%) non è buddhista: collaboriamo con altre realtà religiose, come le Chiese evangeliche o la Comunità di Sant’Egidio. Costruiamo alleanze, leggiamo il contesto, e interveniamo anche solo con un aiuto economico. Ma abbiamo anche un dovere di narrazione: raccontare ciò che accade per sensibilizzare. Per questo è nata la nostra fondazione filantropica, la Wisedāna Foundation ETS, che consente a chiunque di partecipare in base ai propri desideri e alle proprie possibilità.
Guardando al futuro, quali sono le principali sfide e visioni che l’Unione Buddhista Italiana si pone per i prossimi anni, nel suo ruolo di ponte tra spiritualità e impegno sociale?
La missione dell’UBI è chiara, semplice e profondamente radicata: i nostri centri e le comunità buddhiste sono chiamati a individuare le cause della sofferenza e ad agire per alleviarla. Questo è il cuore di ciò che facciamo. Ci guida una saggezza antica, ma capace di parlare al presente, fondata sulla consapevolezza dell’interdipendenza. In un tempo segnato dal materialismo e dal nichilismo, due mali profondi della nostra società, sentiamo il dovere di offrire un’alternativa: un cammino di senso, di ascolto, di presenza. Così intercettiamo i bisogni reali, ma anche quel disagio diffuso verso modelli culturali dominanti che non portano soddisfazione, né pace interiore. Il nostro contributo vuole quindi essere sobrio, ma solido: radicato nella tradizione, orientato al futuro.
Servizio a cura di Stefano Calicchio (C) riproduzione riservata
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