Maurizio Goetz: ecco come aiuto le aziende a correre al buio

Intervista a Maurizio Goetz

Per Caltalks intervistiamo Maurizio Goetz, co-founder dello Speculative Design Hub, dell’Italian Institute for the Future e founder di Imagination Design Coach. Con la sua attività si propone di addestrare le capacità immaginative del management delle organizzazioni e delle imprese, per proiettare il loro sguardo verso il futuro.

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Maurizio, se dovesse riassumere in poche parole di cosa si occupa, come descriverebbe le molteplici attività che sta portando avanti e cosa le accomuna?
Da sempre mi occupo di valorizzazione degli elementi intangibili delle organizzazioni. Quindi tra gli elementi intangibili ci sono le competenze, le relazioni che in qualche modo le persone e le organizzazioni portano avanti e c’è anche la capacità di creare una visione più ampia, che deve essere considerata come un elemento strategico intangibile.

In pratica come agisce?
Aiuto le organizzazioni e le aziende a definire in modo evolutivo e dinamico la loro visione strategica orientata al futuro. Tutto ciò considerando due elementi. Il primo è che operiamo in un mondo complesso ed in profonda trasformazione, con molte decisioni da prendere in condizioni di elevata incertezza. Il secondo elemento è che il futuro non esiste e quindi bisogna ragionare creativamente e strategicamente in termini di scenari alternativi.

Quindi come definirebbe il suo ruolo?
Alla luce di queste premesse, il mio ruolo è quello di aiutare le imprese, i professionisti e le organizzazioni a considerare un maggiore numero di opzioni e possibilità. Aiutandoli al contempo a governare non solo l’incertezza di cui ho parlato prima, ma anche a governare le discontinuità e i possibili cambiamenti repentini che caratterizzano l’attuale realtà in evoluzione. Si tratta cioè di sviluppare un mindset agile, immaginativo e orientato a valutare le possibili conseguenze, anche inattese, di tutte le decisioni prese nel presente che devono essere adattate in tempo reale, man mano che le condizioni al contorno evolvono. In sintesi, aiuto le aziende a correre al buio.

Può farci degli esempi concreti al riguardo?
Come cofondatore dello Speculative Design Hub dell’Italian Institute for the Future, sono stato chiamato insieme a Gloria Puppi, co-fondatrice insieme a me e a Joice Preira, ad un evento nel quale si trattava del futuro dell’energia. In questo convegno parlavano qualificati esperti e relatori, con interventi anche molto tecnici che affrontavano diverse tematiche. Ad esempio, relative alle nuove fonti di energia, ai nuovi modelli di business, alle nuove possibilità di approvvigionamento. Quindi la visione di futura emergente era molto tecnica. Noi abbiamo organizzato un laboratorio immaginativo in cui non ci siamo occupati direttamente del futuro dell’energia, ma piuttosto abbiamo alimentato un dibattito sul futuro della professione dell’energy manager, nell’ottica di interazione all’interno delle comunità energetiche. Ebbene, alla domanda su quale sarà il futuro di questo ruolo e come cambieranno i processi organizzativi all’interno delle imprese, la risposta è stata: non ci abbiamo mai pensato. Ma l’immaginazione è proprio l’arte di averci pensato, con la finalità di prendere decisioni informate nel presente.

E per quanto riguarda il settore della libera professione?
Ho tenuto recentemente una sessione di coaching per professionisti, ad esempio avvocati, notai e commercialisti. Quando si ragiona in termini di immaginazione è utile anche porre domande provocatorie, con la finalità di riflettere sulle differenti questioni anche in modo contro intuitivo. Alla mia domanda sulla plausibilità di una ipotesi di futuro in cui le tasse fossero abolite per legge. Le risposte sono state molto nette. L’ipotesi è stata scartata perché considerata assurda. È del tutto evidente che le tasse esisteranno sempre perché gli Stati avranno sempre bisogno di risorse finanziarie per essere sostenuti. Lo scopo delle domande provocatorie è quello di sospendere per un attimo l’incredulità, così da far emergere vulnerabilità, come il fatto, che la maggior parte dei commercialisti lavora erogando servizi che potrebbero parzialmente essere automatizzati. Perché l’evoluzione di tecnologie già oggi riduce le attività dei professionisti su alcune funzioni e potrebbe portare ad una diminuzione dei margini, consigliando i professionisti già oggi di spostarsi su attività a maggior valore aggiunto e che presentano un maggior potenziale futuro.

Parliamo quindi di digitalizzazione, automazione e intelligenza artificiale?
Tornando all’esempio dei professionisti, sappiamo che l’intelligenza artificiale non potrà mai sostituire le competenze delle persone, ma la progressiva automazione di molti servizi, ne potrebbe ridurre la marginalità. Nei fatti il mio lavoro è proprio quello di fare le domande giuste per stimolare la riflessione in ottica evolutiva. Il mio ruolo non è pertanto quello di esperto, ma di agente abilitatore alla riflessione critica in chiave prospettica, così, da migliorare le prospettive di visioning e di riposizionamento strategico, di un settore, di una professione o di qualunque ambito legato al futuro.

Come si inserisce questo discorso nelle nuove industrie?
È il terzo ambito nel quale lavoro. L’ho fatto su internet quando nel ‘95 sono stato un pioniere dell’internet marketing. A quel tempo non c’era niente su cui lavorare, non avevamo fonti o indicazioni bibliografiche. Abbiamo dovuto iniziare da zero creando da zero una nuova professione, di una industria che oggi si è consolidata. Oggi succede la stessa cosa in alcuni settori emergenti, sui quali sto lavorando e dove non ci sono ancora regole, pratiche o normative.

Alla luce di tutto ciò, ci può spiegare il concetto di "Imagination Design Coaching" e com’è nata questa idea?
Proprio da questi presupposti nasce Imagination Design Coaching. Quando ho iniziato ad occuparmi di Immaginazione Strategica molti colleghi erano scettici e mi dicevano che l’immaginazione era una cosa adatta per aziende creative come la Walt Disney. Poi è arrivato il Covid. Poi la guerra in Ucraina. E quindi si è iniziato a parlare di immaginazione strategica in modo sempre più ampio e diffuso. Quindi hanno iniziato a discuterne le università e le organizzazioni. A un certo punto anche il mondo dei futuristi ha iniziato a parlarne, rivalutando l’importanza delle pratiche immaginative. Il concetto centrale è che il futuro non esiste, ma può essere immaginato e questo richiede l’integrazione di metodologie scientifiche che vengono dal foresight strategico, con metodologie creative. L’immaginazione ha lo scopo di riflettere su ciò che non esiste, non esiste ancora o non è come dovrebbe essere, per andarlo a costruire o trasformare. Da questo punto di vista, possiamo dire che l’immaginazione progettuale è una competenza importante per le imprese e per le organizzazioni.

Come interpreta l’arrivo dell’intelligenza artificiale nel mondo della creazione di contenuti? Ci aiuta a comprendere meglio questo cambio di paradigma?
Quando parliamo di strumenti come le Generative AI, di tool come chatGPT e simili, dobbiamo essere consapevoli che essi non sostituiranno le persone, ma permetteranno loro di lavorare meglio, automatizzando alcune fasi di lavoro. Non credo che sia importante capire se queste tecnologie siano più o meno creative, quanto comprendere in che modo possono aiutare noi a diventare più creativi e produttivi, sfruttandole in modo critico. Un tool come ad esempio ChatGPT che elabora contenuti su base statistica, anche quando fornisce risposte formalmente corrette, può incorre in errori, strafalcioni, allucinazioni. Quindi va fatta attenzione al modo in cui vengono utilizzate. Non avendo un’intelligenza umana a bordo, non potranno sostituire le persone. Pensiamo ad un coltello. Il coltello non è in grado di capire se sta affettando un salame o il braccio di una persona. Questo aspetto resterà sempre all’interno dell’arbitrio umano.

Se dovesse dare un consiglio a coloro che si stanno formando con l’obiettivo di intraprendere una carriera nel settore digitale, cosa suggerirebbe?
La cosa secondo me importante è una preparazione preliminare su alcuni elementi classici di base. Noi riteniamo in modo riduttivo che sia necessaria la creazione di una cultura STEM molto improntata su matematica e tecnologie. Cosa sicuramente importante, ma che si deve affiancare anche ad un approccio umanistico. Ci sono due tipologie di pensiero che dobbiamo sviluppare. Il primo è il pensiero critico, che ci insegna a valutare le cose che troviamo riflettendo profondamente. Il secondo è il pensiero complesso, perché stiamo vivendo in un mondo complesso e quindi non abbiamo soluzioni lineari e semplici a problemi complessi. Questi due elementi di base dovrebbero guidare il nostro approccio immaginativo, per esplorare ciò che non sappiamo sulla base della nostra esperienza, ma anche sulla base del nostro intuito. Dobbiamo essere in grado di riconoscere quando ciò che sappiamo non funziona più. Un approccio integrato a spettro totale, ci permette di farlo, allontanandoci dall’idea di contrapposizione tra approccio scientifico e approccio creativo.

Lei è stato un pioniere in Italia per quanto riguarda l'innovazione digitale. Come vede lo sviluppo di questo settore nei prossimi anni?
Fondamentalmente abbiamo di fronte a noi l’inizio di un cambio di paradigma. Siamo stati abituati a considerare la rivoluzione digitale legata a tecnologie di Internet basate sull’ipertesto, sulla scrittura e sulla lettura o visione di contenuti multimediali. Questa prima modellazione della Rete ci ha consentito di collegare contenuti visuali, testuali, audio e via dicendo in modalità composite, passando da un contenuto all’altro secondo diverse modalità di fruizione. Fondamentalmente, l’ipertesto ha rappresentato una sintesi di quello che è stata questa forma di evoluzione. Oggi entriamo nella logica dello spazio. Stiamo infatti procedendo verso nuove forme di internet spaziale. Non parliamo più di contenuti, ma di ambienti. Ad esempio attraverso la realtà virtuale, la realtà aumentata o quella ibrida, avremo modo di entrare in contatto con nuovi ambienti nei quali agiremo, opereremo, studieremo sperimenteremo nuove cose e che hanno bisogno di nuove logiche spaziali, che richiederanno nuove competenze e nuovi modelli di pensiero e nuove modalità per progettare esperienze e per relazionarci con gli altri. Questa sarà la prossima rivoluzione, sulla quale ancora non c’è una grammatica. È tutto ancora da costruire. E ciò che sappiamo ora è paragonabile alla conoscenza di un bambino iscritto alla terza elementare.

Servizio a cura di Stefano Calicchio (C) riproduzione riservata

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