Malfatto (Disclosers): il futuro delle PR? Nuovi media, fiducia e autorevolezza

Jessica Malfatto, co-founder dell’agenzia Disclosers

Per Caltalks intervistiamo la co-founder dell’agenzia Disclosers Jessica Malfatto. Disclosers è un'agenzia di PR e Media Relations. Negli ultimi anni Jessica ha affiancato alla propria attività operativa una serie di docenze per l'Università Cattolica (sede di Brescia) e per la 24ORE Business School. È inoltre autrice di diversi libri, l’ultimo dei quali è “PR e Media Relations per Piccole e Medie Imprese” (Franco Angeli, 2021).

Caltalks raccoglie e condivide con i lettori i punti di vista di personalità, innovatori, decision maker e opinion leader per comprendere i temi e le scelte che stanno cambiando il mondo. Il format punta a offrire analisi e raccogliere idee inerenti ai fatti e trend che stanno modificando la società dal punto di vista economico, sociale, ambientale, tecnologico, politico e istituzionale.

Jessica, partiamo dalla tua storia personale: cosa ti ha spinto a specializzarti come digital PR specialist?
Il motore è stata la volontà di unire più mondi che amavo (e che amo): la comunicazione, il giornalismo, la scrittura. Ognuna di queste sfere si declina poi in più aspetti: racconto di storie, analisi, relazioni di valore, creatività, intuizione, narrazione, lettura, studio continuo, capacità strategica e molto altro. Occuparsi di PR permette di mescolare tutti questi volti. Se poi si aggiunge la voglia e l’ambizione di riuscire a lavorare con brand appartenenti a settori differenti, il livello di stimoli si alza ancora di più.

Come nasce l'idea di fondare "Disclosers" e quali sono state le principali sfide nel far crescere l'agenzia?
L’idea nasce dalla voglia di costruire una realtà capace di avere un impatto positivo, costante, quotidiano. In primo luogo sulle persone che lavorano con me, poi sui brand con cui lavoriamo e infine sul mondo dell’informazione (perché ne facciamo parte come attori attivi e dobbiamo sempre tenerlo a mente per non perdere mai quel senso di responsabilità che deve rappresentare la nostra “stella polare”). Quando fai impresa, costruisci. Non si tratta di un “lavoro”, ma è un’operazione di costruzione su più fronti. Costruisci e cerchi di crescere. Ed è proprio nel “come” crescere che si trova la sfida più importante. In questi primi cinque anni la crescita in termini numerici è stata forte e senza cali, ma ora - considerato che vogliamo mantenere una logica di boutique, per un tema di capacità di cura di ogni fase del flusso di lavoro - la sfida si sposta sulle modalità di crescita. Nei primi anni ci siamo concentrati sul “crescere, crescere, crescere”, ora il focus è sul “come possiamo migliorare - in termini qualitativi - le modalità di crescita”? I passi per farlo sono già stati avviati. Azioni concrete che consentono di avere un vantaggio competitivo nel mercato, migliorando costantemente i flussi di lavoro interni. Aggiungeremo sempre più tasselli.

Qual è la tua visione riguardo alla formazione e come hai deciso di affiancare all'attività operativa esperienze di docenza in realtà come l’università Cattolica di Brescia e la 24ORE Business School?
La formazione è vitale, a ogni livello. E uso il termine “vitale” per sottolineare che non è solo importante, ma che è uno degli ingredienti per sopravvivere all’interno del mercato. Abituarsi a studiare quotidianamente è imprescindibile. Uno dei temi in questo caso è scegliere le fonti giuste e più efficaci, per filtrare le informazioni più utili. Dal 2018 al 2022 sono stata docente a contratto all’Università Cattolica di Brescia, dove mi occupavo di un corso sulle Digital PR. Ho deciso poi di fare un passo indietro perché in questa fase di crescita dell’agenzia volevo (e voglio) essere totalmente focalizzata sui flussi di lavoro di Disclosers, senza “perdermi” nulla. Per me è stata un’esperienza incredibile, da diversi punti di vista, ma soprattutto per il lato più umano. Ancora oggi, infatti, con alcuni studenti e con alcune studentesse sono rimasta in contatto e siamo in ottimi rapporti. Vederli crescere come professionisti e professioniste è una sensazione bellissima. Con la Business School de Il Sole24Ore, invece, tengo delle lezioni quando vengo chiamata, per alcuni master, sempre con focus sulle PR. Ho un approccio molto pratico: porto in aula quello che vivo sul campo e cerco di trasferire l’entusiasmo per questo mestiere.

Dei libri che hai scritto, quale ti ha dato maggiore soddisfazione e ti ha fatto crescere di più a livello professionale e perché?
L’ultimo è stato determinante perché mi ha spinto ad entrare in alcune tematiche con un livello di profondità maggiore. Mi ha portato ad analizzare il dettaglio di alcuni angoli delle PR, a farmi domande non banali e a mettere in atto dei processi per cercare delle risposte. Scrivere un libro offre la possibilità di uscire da un perimetro tracciato (anche dalla necessità di velocità del lavoro quotidiano), per andare maggiormente a fondo di alcuni argomenti, evitando di restare in superficie. Poi, ovviamente, quello che si ricava come informazione deve essere portata nelle azioni pratiche giornaliere.

Quali consigli daresti a una startup in fase di lancio riguardo alle strategie di Digital PR? E per le aziende già consolidate?
Iniziamo dalle startup. Parti quando il prodotto/servizio/la piattaforma ha già superato la fase di validazione. Cerca giornalisti in target attraverso un’analisi dei media molto approfondita. Usa il contatto 1-to-1: non mandare mail a pioggia. Contatta singolarmente i giornalisti (e personalizza ogni singola mail). Concentrati sulla scrittura di comunicati e media pitch davvero utili per il giornalista, allontanandoti da un approccio promozionale. Infine, racconta come risolvi un problema, sottolinea i numeri, parla di impatto reale.

Per un’azienda consolidata dipende molto dal momento storico in cui si trova, dagli obiettivi, dal budget e da molti altri fattori, ma rimanendo su un livello di approccio generale, direi che alcuni punti importanti sono la costruzione di relazioni sane e di collaborazione con i giornalisti (significa non essere orientati solo al racconto della propria realtà, ma riuscire a fornire dati e punti di vista riguardanti il settore in cui ci si muove). Abbracciare, quindi, una modalità più “giornalistica”. Ragionare in un’ottica continuativa. Ogni settimana l’azienda deve essere presente sui media perché ogni comunicazione ha una “scadenza” sempre più “stretta” e si deve essere presenti, con rilevanza. Infine, focalizzare l’attenzione a livello di PR sulle figure chiave in azienda, perché chi occupa posizioni apicali riveste potenzialmente il ruolo di “fonte credibile” per il panorama dei media

Come equilibri il tuo ruolo di co-fondatrice dell'agenzia Disclosers con i tuoi impegni come docente e autrice?
Disclosers ha la priorità assoluta in questo momento, ma ogni aspetto è collegato. Le docenze e le altre attività, infatti, mi aiutano a diventare una professionista migliore, perché sono occasioni di apprendimento su più livelli. Diventare una professionista migliore significa infine poter mettere in campo scelte migliori per l’agenzia.

Guardiamo al futuro: alla luce della tua esperienza, quali tendenze vedi emergere nel mondo delle PR digitali e quali consigli daresti alle aziende per adattarsi ai cambiamenti in arrivo?
Chi si occupa di PR credo che dovrebbe allargare sempre di più il panorama dei media di riferimento, cercando posizionamenti autorevoli (es. podcast, newsletter) anche al di fuori dei contesti più tradizionali. Ci si legherà forse sempre di più anche alla singola voce del giornalista. Sottolineo la parola “autorevoli” perché dovranno essere sempre media dei quali le persone si fidano, poiché il ruolo delle PR è legato in particolare alla costruzione di una struttura di fiducia per le imprese e per i personal brand. Inoltre, diventerà sempre più importante il tema della misurazione dei risultati (sperimentare l’utilizzo di nuovi tool in questo segmento può essere un’attività da prevedere al fine di cercare di restituire metriche sempre più precise). In questo caso specifico, però, non dobbiamo dimenticarci che si tratta (e si tratterà sempre) di un’attività che non potrà mai essere misurata in senso assoluto e totalmente preciso.

Servizio a cura di Stefano Calicchio (C) riproduzione riservata

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