Trivellato (Consorzio SIR e Mentor): ogni sfida è una domanda
Per Caltalks intervistiamo Denis Trivellato, vicedirettore del centro di formazione professionale Consorzio SIR e Mentor del progetto “inclusi. Dalla scuola alla vita, andata e ritorno”. Il Mentor è la nuova funzione nata nell’ambito dei servizi alla persona e del supporto sociale con l’obiettivo di accompagnare ragazze e ragazzi con disabilità che frequentano gli ultimi anni delle scuole superiori a orientarsi nel mondo del lavoro. Il progetto triennale selezionato da “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, coinvolge organizzazioni del Terzo settore in tutta Italia nel promuovere una scuola e un territorio equi e accessibili a tutti.
Caltalks raccoglie e condivide con i lettori i punti di vista di personalità, innovatori, decision maker e opinion leader per comprendere i temi e le scelte che stanno cambiando il mondo. Il format punta a offrire analisi e raccogliere idee inerenti ai fatti e trend che stanno modificando la società dal punto di vista economico, sociale, ambientale, tecnologico, politico e istituzionale.
Partiamo dal ruolo di Mentor: in che modo si distingue da quello di un educatore tradizionale o di un insegnante nel contesto di questo progetto?
Il mansionario del Mentor è sempre esistito, solo che era suddiviso in ruoli diversi. La novità sta nel metterle insieme per avere una visione più globale e adoperarsi per un miglior progetto di vita in ambito lavorativo. In altre parole: l’attività educante e di inserimento lavorativo si accompagna alla visione e al riconoscimento dei bisogni, dei desideri e delle prospettive pragmatiche all’interno del più complessivo progetto di vita della persona.
Quali elementi della formazione per Mentor ha trovato particolarmente innovativi o efficaci?
La visione scientifica del tutto. In parte si torna agli albori con la ricerca-azione, dall’altra si punta al futuro con la teoria delle matrici della qualità della vita. Avere un colloquio e un’ipotesi di lavoro offre strumenti non solo al professionista ma anche allo studente, il quale viene accompagnato sia a farsi delle domande che a rendersi conto di ciò che cerca.
Potrebbe condividere un'esperienza significativa che illustra l'effetto del suo ruolo di Mentor su un giovane con disabilità?
La formazione del Mentor è iniziata nell’autunno del 2022. Da allora ho subito messo in pratica gli insegnamenti, provando a mia volta, nel mio ruolo di orientatore scolastico e attivatore di tirocini, di comprendere come poter supportare dei cambiamenti e dare e fare emergere opportunità per gli studenti. Giovanni, ad esempio, un ragazzo con qualche difficoltà comportamentale, era poco consapevole delle sue difficoltà e a volte la sua sofferenza portava a non riuscire a stare con altre persone. Attraverso il colloquio, diluito nei tempi necessari, e ampliando la conoscenza di alcuni elementi con la famiglia, siamo riusciti, insieme, ad attivare l’UONPIA di riferimento e il Servizio Sociale del territorio; abbiamo lavorato a scuola sulla concentrazione e la consapevolezza con qualche intervento psico-educativo, e abbiamo accompagnato lo studente con simulazioni lavorative ad aumentare il suo governo di se stesso. Ciò ha portato a una sempre più emergente capacità di “stare” nel mondo del lavoro. E così in questo ultimo anno scolastico, Giovanni è riuscito a essere inserito in una postazione di tirocinio. Quattro giorni alla settimana per sei ore al giorno, per cinque mesi. Risultato raggiunto. Come supporto aggiuntivo abbiamo fatto una breve formazione-informazione e sensibilizzazione degli addetti dell’azienda del tirocinio prima della partenza. Insieme, scuola, famiglia, azienda e studente, abbiamo fatto gol!
Quali sono le principali sfide che incontra nel facilitare il passaggio dall'istruzione al lavoro per i giovani con disabilità e come le affronta?
Farsi delle domande. Ogni sfida è una domanda, e la formazione del Mentor non ha dato risposte ma mi ha aiutato ad affinare le domande. Diversificarle in base a chi ho davanti, in quale ambiente è, e quali variabili intervengono (e in che modo). E quando trovo le risposte, mi confronto. E quando non le trovo, mi confronto. Con i colleghi, con le aziende e i loro collaboratori, con i professionisti dei diversi settori che intervengono nel progetto di vita di una persona.
Quali sono le sue aspirazioni per il futuro del progetto "Inclusi" e per l'inclusione dei giovani con disabilità nella società?
I risultati del progetto Inclusi sono promettenti. Con questo primo passo abbiamo raggiunto una versione “beta” del Mentor. Serviranno investimenti e nuovi bandi, per tenere aggiornata la figura, le persone formate e l’onda del cambiamento che sta già portando. E credo che qualcuno ci stia già pensando…
Quali passi ritiene necessari per migliorare l'inclusione lavorativa e sociale dei giovani con disabilità in Italia?
L’esempio di Giovanni è prototipico. Non solo Giovanni è riuscito a superare se stesso senza supporti, ma come vantaggio secondario - più di stampo socio-economico per tutti - ha dato inizio a un cambiamento culturale nell’azienda in cui ha fatto il tirocinio. L’altro, il diverso, lo strano ora è più conosciuto, meno temuto. Si apre così una “buona crepa”, un cambiamento che potrebbe prendere piede.
Infine, quali consigli darebbe a chi sta considerando di diventare un Mentor per giovani con disabilità?
Potrebbe essere dura. Anzi lo sarà sicuramente. Ti farai tante domande e non sempre avrai la risposta giusta. Se ti interessa un ruolo che non smetterà mai di cambiare e che ha bisogno di avere conoscenze olistiche con un approccio abduttivo; se ti piace “unire i puntini” per supportare la crescita del singolo, e in prospettiva dare il via a una collettività differente e inclusiva, allora sei già potenzialmente un Mentor. Non ti serve altro che diventarlo.
Servizio a cura di Stefano Calicchio (C) riproduzione riservata
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