Maggio (CBM Italia): contribuendo è davvero possibile migliorare il mondo
Per Caltalks intervistiamo Massimo Maggio, Direttore di CBM Italia. L'organizzazione internazionale ha aperto a Juba il primo reparto oculistico pediatrico del Sud Sudan, situato all'interno del Buluk Eye Centre. Il progetto, sostenuto dall'Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, mira a fornire cure specialistiche a bambini e a rafforzare la prevenzione delle malattie visive nel Paese.
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Quali sono le principali sfide che avete affrontato per aprire il primo reparto oculistico pediatrico del Sud Sudan e quali obiettivi vi siete posti con questa iniziativa?
La costruzione e l’avvio del reparto pediatrico all’interno del Buluk Eye Centre si inseriscono in un ampio progetto di cooperazione (denominato “The Bright Sight”, vista luminosa), che ha l’obiettivo di migliorare l’accesso ai servizi di salute visiva, pediatria oculistica e riabilitazione per le persone con disabilità in Sud Sudan, nei tre Stati di Equatoria Centrale, Orientale e Lakes. La storia del Buluk Eye Centre inizia diversi anni fa, quando, grazie al grande impegno di tutti gli attori coinvolti, nel 2015 è stato in grado di offrire per la prima volta servizi oculistici alla popolazione del Sud Sudan. Cataratta, glaucoma, tracoma e altre patologie diffuse hanno potuto essere curate. In quasi 10 anni di percorso del Buluk abbiamo affrontato diverse sfide: il Sud Sudan è tra i Paesi più poveri al mondo, stremato da anni di guerra civile, in cui 4 persone su 5 vivono sotto la soglia della povertà. Un percorso che oggi, con l’apertura del nuovo reparto pediatrico, consentirà di fornire servizi di qualità per tutta la popolazione del Sud Sudan, anche la più vulnerabile.
Può raccontare ai lettori in che modo il progetto “The Bright Sight” sta contribuendo a migliorare l'accesso ai servizi di salute visiva per i bambini e le famiglie più vulnerabili in Sud Sudan?
All’interno del Buluk Eye Centre abbiamo aperto le porte del primo e quindi l’unico servizio oculistico pediatrico in tutto il Sud Sudan. Significa che ora il 90% dei bambini sud sudanesi con problemi visivi possono essere trattati in questo nuovo reparto e non sono costretti a intraprendere un viaggio di centinaia di chilometri per andare in altri Paesi, come l’Uganda, dove esistono servizi oculistici pediatrici. Ma non solo. Se la costruzione di questa nuova unità pediatrica a Juba è centrale all’interno del progetto “The Bright Sight”, altrettanto importanti sono i servizi oculistici che stiamo realizzando in altre parti del Paese, a Torit e a Rumbek, rispondendo così alla necessità di creare strutture periferiche di primo livello negli altri Stati in modo da essere di concreto supporto a tutto il popolo sud sudanese.
Avete formato il primo oculista pediatrico del Paese. Quali altre iniziative di formazione sono previste per rafforzare le competenze del personale medico e sanitario?
La formazione del personale medico-sanitario è un pilastro importante del progetto The Bright Sight. Oltre all’oculista pediatrico, il dottor Emmanuel Agwella, che ha potuto studiare e specializzarsi in oftalmologia pediatrica, è stata avviata la formazione per un’anestesista pediatrica e per sette persone dello staff tecnico del Buluk Eye Centre presso ospedali partner di CBM (come il Mengo Eye Hospital in Uganda), in particolare su patologie complesse come la retinopatia diabetica, il glaucoma, il retinoblastoma (tumore della retina) con sessione teoriche e pratiche all’interno delle sale operatorie. Garantire formazione al personale in loco è un aspetto fondamentale del nostro lavoro non solo in Sud Sudan ma in tutti i Paesi in cui interveniamo, dove salvare la vista dei bambini significa garantire loro un futuro.
Il progetto include la prevenzione delle malattie tropicali neglette, come il tracoma e la oncocercosi. Come intendete affrontare queste problematiche e qual è l'importanza della prevenzione in questo contesto?
Il rafforzamento delle pratiche di prevenzione delle malattie tropicali neglette (NTD, ovvero Neglected Tropical Deseases) è un pilastro del progetto; si tratta di malattie infettive che colpiscono chi vive in condizioni di povertà, come il tracoma e l’oncocercosi, molto diffuse e tra le principali cause di cecità nel Paese. Per le principali malattie neglette in Sud Sudan (oncocercosi e tracoma in primis) la prevenzione è di primaria importanza: il 90% di queste malattie può essere infatti trattato con screening e farmaci. Nel Paese queste patologie infettive colpiscono le persone più povere e vulnerabili che vivono in contesti di grande povertà e nelle zone più remote dove la disponibilità di servizi sanitari, risorse igieniche e acqua pulita è inadeguata.
Qual è stato il ruolo della cooperazione internazionale, in particolare dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e degli altri partner, nel realizzare questo progetto?
Un sostegno fondamentale direi, se si tiene conto che grazie all’Agenzia nel lontano 2015 abbiamo lavorato per rendere il Buluk Eye Centre il primo centro oculistico del Paese, portando cure visive là dove non ce ne erano; ed è sempre presso questo centro che oggi abbiamo tagliato insieme il nuovo importante traguardo del reparto oculistico pediatrico. Come ha ricordato la dott.ssa Isabella Lucaferri, direttrice della sede AICS di Addis Abeba, responsabile per il Sud Sudan, l'inaugurazione del primo reparto oculistico pediatrico in Sud Sudan rappresenta un passo fondamentale per garantire il diritto alla salute visiva dei più piccoli, in particolare dei bambini più vulnerabili.
Guardando al futuro, quali sono le vostre speranze e aspettative per l’impatto a lungo termine di questo reparto oculistico pediatrico e del progetto “The Bright Sight” nel Sud Sudan?
Di ritorno dalla recente missione in Sud Sudan sento forte un rinnovato stimolo a continuare, personalmente e come CBM Italia, nell’impegno perché tutti possano avere la possibilità di vivere una vita dignitosa. Senza patire la fame e la sete. Con l’opportunità di accedere a servizi sanitari di qualità. Di poter frequentare la scuola per costruire un futuro per se stessi, per il proprio Paese, per l’umanità intera. Sento e ne sono certo che davvero è possibile migliorare il mondo contribuendo anche con poco al cambiamento della vita di chi è più fragile. Di chi lotta tutti i giorni per sopravvivere. C’è davvero ancora tanto da fare ed è per questo che chiedo di continuare ad essere al nostro fianco per costruire un mondo migliore.
Servizio a cura di Stefano Calicchio (C) riproduzione riservata
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