Magri (Sfide): senza inclusione, la scuola perde il suo ruolo nella società

Piero Magri responsabile relazioni esterne Terre di mezzo editore e referente per “Sfide - La scuola di tutti”

Per Caltalks intervistiamo Piero Magri responsabile relazioni esterne Terre di mezzo editore e referente per “Sfide - La scuola di tutti”, l’evento dedicato all’educazione che si svolge nell’ambito di Fa’ la cosa giusta!, la fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili. Quest’anno, il tema centrale di Sfide è “Educare al pensiero critico”, con oltre 150 esperti e 100 incontri formativi che affrontano argomenti cruciali per il mondo scolastico, come l’inclusione, la continuità didattica, l’uso consapevole delle tecnologie e la formazione per la fascia 0-6 anni.

Caltalks raccoglie e condivide con i lettori i punti di vista di personalità, innovatori, decision maker e opinion leader per comprendere i temi e le scelte che stanno cambiando il mondo. Il format punta a offrire analisi e raccogliere idee inerenti ai fatti e trend che stanno modificando la società dal punto di vista economico, sociale, ambientale, tecnologico, politico e istituzionale.

Il tema centrale di questa edizione è “Educare al pensiero critico”. Quali competenze chiave si vogliono sviluppare negli studenti attraverso questo approccio?
Ci è sembrato necessario e urgente fare un focus su questo tema, perché viviamo in una società che porta e spinge sempre più a restare in "superficie” di ciò che viviamo, nella cultura, anche nelle relazioni, a “sfiorare” un argomento e poi a passarne a un altro con la convinzione di sapere tutto su quel soggetto. Questo però impedisce di cercare come le cose sono realmente, perché per farlo bisogna chiedersi il “perché”, approfondire, verificare. In un’epoca di confusione impegnarsi per la verità è far sì che le cose siano ciò che sono realmente, e non come appaiono: che l’essere umano sia “umano”. Allora se “Educare” vuol dire aiutare l’altro/altra a orientarsi, a guidarsi, questo porta gli studenti, ma non solo gli studenti ma tutti, a chiedersi il “perché”, “qual è il senso”, cioè la direzione di ciò che viviamo, come vedere l’umano nell’essere “umano”? Quindi credo che anzitutto le competenze chiave devono essere dalla parte di chi educa, di chi insegna, sapendo che si educa con il cuore e si insegna con le mani.

Quest’anno si registra una forte attenzione alla formazione di educatori per la fascia 0-6 anni. Perché è importante investire in questo segmento e quali novità porta Sfide in questo ambito?
È vero che, per diversi motivi, nelle scorse edizioni c’erano pochi incontri dedicati in modo specifico alla fascia 0-6, per cui quest’anno abbiamo pensato non solo di dare più spazio, ma anche di declinare il tema “Educare al pensiero critico” per questa fascia di età, perché la formazione alla consapevolezza, alla responsabilità inizia sin da quando siamo piccoli. Cerchiamo anche di attirare l’attenzione degli insegnanti ed educatori sulla gestione del tempo e del corpo, in un’età nella quale ha una valenza diversa rispetto a noi adulti. L’altro aspetto che vogliamo affrontare, con esempi di comunità di pratica, è anche la continuità pedagogica, come per esempio l’Istituto comprensivo Teresa Mattei di Bagno a Ripoli ha consolidato da diversi anni, che è uno degli ambiti più fragili e critici della scuola: spesso alla Scuola dell’infanzia si fa una cosa, e poi alla primaria si rifà ma in altro modo, e così via anche alle superiori.

Daniela Lucangeli sottolinea l’importanza di costruire una “comunità educante” attraverso un linguaggio comune. Cosa significa concretamente e quale impatto può avere nella scuola di oggi?
Sicuramente la Professoressa Lucangeli darà molti stimoli ed esempi di riflessione e anche di azione, e quindi saremo felici di ascoltarla. Personalmente penso che la famosa “comunità educante” sia fondamentale, perché tutti noi viviamo e cresciamo in una “comunità”, siamo in relazione con gli altri. Ora, la scuola è quel luogo dove imparo insieme agli altri, e dovrebbe essere anche quello dove insegno insieme agli altri, quindi non dovrebbero esistere situazioni di solitudine, isolamento, abbandono, perché altrimenti vorrebbe dire che qualcosa di fondamentale non ha funzionato. Sappiamo che molte, se non la maggior parte, delle conoscenze che i nostri figli acquisiscono, avvengono al di fuori delle mura scolastiche, appunto nella “comunità”, nel gruppo dove vivono, e in modi completamente diversi, quasi sempre non certo nei modi “accademici” e a volte ottocenteschi che la scuola ha. Allora, io credo che sia fondamentale accogliere, integrare, anche valorizzare nella scuola, nel percorso formativo e di crescita dei nostri ragazzi e ragazze queste altre conoscenze acquisite in altri luoghi e in altri modi, e così facendo la scuola diventa davvero parte viva della vita dei ragazzi, e non un peso o perfino un incubo!

L’esperienza educativa di Reggio Emilia, diffusa in Italia e nel mondo da Reggio Children, propone un approccio unico all’educazione al pensiero critico. Può spiegare in che modo le esperienze proposte valorizzano i diversi modi di apprendere dei bambini?
Anzitutto va detto che siamo molto felici e onorati della presenza a Sfide di Reggio Children e quindi dell’esperienza educativa dei Nidi e delle Scuole dell’infanzia del Comune di Reggio Emilia, con tutta l’autorevolezza e la competenza che hanno costruito in tanti anni. Ci ha reso anche contenti, e confermato il valore della nostra scelta, quando abbiamo comunicato loro il tema di questa edizione, perché ci hanno detto che lo sviluppo del pensiero critico è ciò che fanno da sempre, un pensiero autonomo non autarchico all'interno di una comunità che mette al centro la bambina/il bambino in relazione con gli altri, come costruttore di conoscenza per gli altri, perché la conoscenza è frutto di costruzioni di relazioni. Valorizzare questi processi di acquisizione delle conoscenze, e quindi poi delle competenze, sposta il focus dell’insegnamento, che non è più un “atto” da fare, ma una relazione da instaurare e alimentare, e su questo i bambini e le bambine sono estremamente sensibili e attenti. Aggiungo che tra gli obiettivi di Reggio Children che condividiamo, c’è anche la valorizzazione dell’operato, della figura e della cultura degli insegnanti e degli educatori della prima infanzia, che spesso sono considerati di serie “B” e sono invece, con i bambini, i primi ricercatori intorno all’apprendimento e costruttori di una nuova cultura dell’infanzia.

Christian Raimo, nel suo incontro “Ripensare la scuola a partire dall’inclusione”, affronta il tema della partecipazione e del diritto di cittadinanza. Quali sono gli ostacoli principali per una scuola davvero inclusiva e come possiamo superarli?
Domanda vasta e complessa. Forse dovremmo cambiare prospettiva e chiederci: “è lo studente che deve adattarsi alla scuola o è la scuola che deve imparare ad adeguarsi alle esigenze degli studenti?”, perché, e qui cito Simona D’Alessio, Dirigente di un Istituto comprensivo della periferia romana ed esperta di politiche educative e di didattica inclusiva, che lo scorso anno a Sfide trattò questo tema, che diceva: “inclusione non è mettere dentro chi prima era fuori dal sistema scolastico (quello lo abbiamo fatto con l’integrazione scolastica), ma rendere inclusivi processi e pratiche (dal curricolo, alla valutazione ai processi organizzativi) in modo da garantire a ciascun alunno e alunna di partecipare attivamente al processo di apprendimento secondo le proprie potenzialità”. Attenzione, perché questa prospettiva non riguarda solo la scuola, ma tutta la società, dal mondo del lavoro, alle infrastrutture, alle scelte politiche del nostro vivere: rendere inclusivi i processi e le pratiche, porta ognuno di noi a cambiare stile di vita.

Guardando al futuro, quali strumenti ed esperienze proposti da Sfide possono supportare insegnanti e dirigenti scolastici a lungo termine nel promuovere il pensiero critico e l’inclusione?
Sfide non si propone di dare risposte esaustive e definitive, ma vuol essere uno spazio e un tempo dove insieme costruire la scuola di tutti. E per noi è importante questo “insieme”, per esempio il fatto stesso che Sfide è organizzata in collaborazione con il Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) e alla casa editrice Erickson, e poi dare spazio agli insegnanti, ai dirigenti scolastici, agli studenti e alle loro famiglie, per incontrarsi, ascoltarsi e insieme trovare delle risposte. Faccio un esempio: abbiamo fatto per alcuni anni degli incontri nei quali insegnanti della stessa materia, italiano, inglese, matematica, storia, di scuole anche di gradi diversi, si sono incontrati all’insegna di: “io insegno così, e tu?”, per scambiarsi le reciproche esperienze didattiche, ma anche le soluzioni che avevano trovato in situazioni particolari, e che volevano condividere, confrontarsi con altri. Ecco, io credo che offrire questo spazio e questo tempo per valorizzare e sostenere chi con grande passione, e spesso anche con tanta abnegazione, accompagna nella crescita umana le nuove generazioni, sia qualcosa che valga la pena fare nonostante tutto.

Servizio a cura di Stefano Calicchio (C) riproduzione riservata

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