Magri (Terre di mezzo): una notte insieme può accendere la coscienza tutto l’anno

Per Caltalks intervistiamo Piero Magri, presidente dell’associazione Insieme nelle terre di mezzo, promotrice della 25ª edizione della Notte dei senza dimora (lanottedeisenzadimora.org) in programma il 18 ottobre in piazza Sant’Eustorgio a Milano. L’iniziativa riunisce ogni anno cittadini con e senza casa per sensibilizzare sul tema dell’abitare e della povertà estrema. Tra musica, cene gratuite, testimonianze e momenti di confronto, la serata diventa un’occasione di ascolto e vicinanza concreta. Con lui riflettiamo sul senso di questa manifestazione e sul ruolo delle comunità urbane nell’accogliere chi vive in strada.

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Piero, partiamo da un importante traguardo: questa sarà la 25ª edizione della Notte dei senza dimora... 
Io dico che “purtroppo” è la 25ma edizione della “Notte dei senza dimora”, perché vuol dire che ci sono ancora tante persone che non hanno una casa, o che vivono nella grave emarginazione, e questo per una società che vorrebbe essere, o si dichiare essere, “civilizzata” è una grave mancanza. Quindi il senso della Notte è rimasto lo stesso: da un lato accendere una luce su chi vive appunto in una grande povertà, e dall’altro accrescere l’attenzione e la consapevolezza della cittadinanza sul diritto alla casa per tutti. 

Com'è cambiato il senso e l’urgenza di questo evento negli anni e cosa rappresenta oggi per Milano e per chi partecipa?
Sicuramente negli anni abbiamo spostato l’accento: nei primi anni l’accento era posto molto di più sul condividere una notte all’aperto, invitando la gente a dormire in piazza. E l’invito è rimasto ancora ovviamente, ma abbiamo anche cercato di realizzare delle attività, come workshop, incontri, giochi, ecc. che in qualche modo avvicinino di più chi ha una casa e chi non ce l’ha. Oggi a Milano c’è un problema abitativo, vedi per esempio gli studenti e non solo gli studenti, che fanno fatica a trovare a prezzi accessibili degli appartamenti per vivere. E che sono una ricchezza culturale, umana per una città, e quindi mi chiedo: che visione di città abbiamo? Che società stiamo costruendo? La “Notte” vuole contribuire, a proprio modo, come può, a questa riflessione.

Piero Magri, presidente dell’associazione Insieme nelle terre di mezzo

Il tema di quest’anno è “Abitare”, parola che racchiude tanti significati. Come avete deciso di raccontarlo attraverso il vostro programma della Notte e quali sono i messaggi che volete trasmettere?
Abbiamo pensato di farlo in modo un po’ singolare, senza affrontarlo di petto, ma da angolature diverse, cercando di suscitare, di creare quelle situazioni che anche solo evocandole ci parlano di casa, di abitare spazi e tempi. Come ogni anno ci sarà il gruppo “Magliando”. Un gruppo di signore che lavorano a maglia in piazza, facendo sciarpe, guanti per i senza dimora. E che così creano un “ambiente”, un’atmosfera in cui ci si parla, ci si racconta… un po’ come una volta quando le nonne e le mamme lavoravano maglia e raccontavano. Ci saranno dei giochi di società, come ogni anno, che aiutano a creare un ambiente “casalingo”. In più quest’anno, grazie alla presenza del Teatro 21 APS di Savona, ci sarà un innovativo Mazzo di carte Abitare, delle carte con stampate delle parole come: casa, muro, strada, dignità, politica, ecc.…. ed è un invito a esplorare il tema dell’abitare attraverso le parole, collegando a una parola un’altra. O raccontando un episodio che quella carta suscita e da lì raccontarci, condividere qualcosa di sé.

Non mancheranno quindi tanti spunti di riflessione...
Ci sarà un grande cartellone con scritto: “cosa significa per te casa?” e inviteremo la gente a scrivere le risposte su dei fogli e a incollarli sul cartellone. Un altro gesto che indica la casa sarà fare il pane insieme. Alle 17, grazie alla Fondazione IBVA, tutti quelli che vorranno, si impasterà la farina col lievito e l’acqua e si farà il pane, che sarà poi cotto nei forni di IBVA, e quindi condiviso tra tutti alla cena offerta dalle associazioni. Ecco, attraverso questi gesti, attività fatte insieme vorremmo far accrescere una consapevolezza maggiore su che cosa vuol dire avere una casa, e sul diritto alla casa per chi non ce l’ha.

In piazza, oltre alle cene e alla possibilità di dormire all’aperto, ci saranno momenti di gioco, musica e panificazione collettiva. Perché è importante creare uno spazio di festa e condivisione, anche in un contesto di riflessione sulla marginalità?
Sono convinto che la festa, la gioia di stare insieme, di conoscersi sia iscritta nell’animo umano, nel DNA, che sia una necessità vitale. Tante cose, emozioni, pensieri, sensazioni passano attraverso il cantare e ballare insieme, in modo diverso rispetto alle riflessioni forse più cerebrali, perché toccano la parte del cuore. Abbiamo bisogno delle due: la riflessione, uno sguardo lucido sulla povertà, ma anche la parte emotiva, coinvolgente, emozionale. Una signora che vive per strada alcuni anni fa alla fine della “Notte” mi aveva detto: “grazie per questa festa, perché nessuno fa festa con noi!”.

La rete delle associazioni coinvolte è vasta e variegata. Qual è il valore di questa sinergia tra realtà del Terzo settore, e come si traduce concretamente durante l’evento?
Sono più di 20 le associazioni coinvolte nella Notte, alcune sono storiche e molto strutturate, altre più piccole o giovani, e devo dire che, visto da fuori perché noi come Insieme nelle terre di mezzo non ci occupiamo direttamente di persone senza dimora, tra tutte queste realtà molto diverse tra loro, non c’è solo un grande rispetto, ma anche una grande riconoscenza delle competenze reciproche. Questo fa sì che ognuno porti ciò che ha e anche ciò che è: chi prepara una parte della cena, chi l’altra, chi prepara una parte dell’animazione, ecc, ed è molto bello vedere questa collaborazione costruttiva.

L’iniziativa è anche un momento per avvicinare i cittadini alla realtà delle persone senza dimora. Che tipo di partecipazione sperate di vedere e come si può trasformare questo coinvolgimento in attivazione concreta durante l’anno?
Anzitutto speriamo che ci sia una bella partecipazione di tante persone. Chiediamo a chi verrà di fare un gesto e cioè portare qualcosa come un pettine, uno spazzolino, un dentifricio, dei fazzoletti, delle salviette umidificate, un sapone, ecc. e così l’associazione Milano In Azione farà poi dei kit igienici da dare alle persone senza dimora, proprio perché per chi vive per strada non è facile avere questo materiale. E tenere alla cura della propria persona è anche un riconoscersi una dignità. Come mi diceva una volta uno di loro: “io ogni mattina mi lavo, mi faccio la barba, mi pettino perché so che se non lo faccio a poco a poco non mi riconosco più come persona”.

Un altro momento centrale della Notte è la premiazione dei vincitori del concorso della Fondazione Isacchi Samaja per artisti che vivono per strada, il cui titolo è: “casa non è dove abiti ma dove ti capiscono”, riprendendo una citazione di Christian Morgenstern, nell’ambito della narrativa, delle arti figurative e della fotografia. Quest’anno abbiamo ricevuto 50 opere, delle quali 15 letterarie. E le altre di arti figurative, alcune artigianali. Il premio vuole riconoscere, valorizzare e dare dignità alle persone che vivono per strada, aiutarle a scoprire che hanno delle doti e che in qualche modo queste doti le possono anche aiutare a esprimere ciò che sono, e a uscire dalla situazione nella quale si trovano.

Oggi l’emergenza abitativa è in forte crescita. Cosa manca ancora, secondo voi, a livello istituzionale e culturale per affrontare in modo sistemico il tema del diritto alla casa?
È un tema molto ampio, perché come abbiamo detto, il tema della casa direttamente o indirettamente tocca tutti gli ambiti della vita di una persona. Ovviamente non c’è una ricetta per risolverlo. Io credo che vada affrontato e inquadrato in una visione più ampia, in un contesto più largo anche di tempo e cioè dobbiamo avere una visione a lungo termine: se non imposto delle politiche per “tenere” gli studenti universitari in città, perché gli affitti sono troppo cari, è una grande perdita per la città, per tutto l’apporto futuro che possono portare a livello culturale, scientifico, per tutto ciò che possono dare a lungo termine, alla costruzione futura della città…

allora forse bisognerebbe rovesciare la prospettiva: l’investimento va fatto nelle persone più che nelle strutture. E saranno le stesse persone, perché valorizzate, perché coinvolte, che modelleranno, “inventeranno” le strutture adattandole a una società che fa del rispetto dei diritti il proprio asse portante, la propria priorità imprescindibile. Ecco con la Notte dei senza dimora, cerchiamo di privilegiare la relazione umana, di stringere un legame, anche se solo per un momento, di conoscersi e riconoscersi anzitutto come esseri umani, che non possono vivere gli uni senza gli altri.

Servizio a cura di Stefano Calicchio (C) riproduzione riservata

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