Atturo (Magis): in Ciad l'accesso alle cure sanitarie sia davvero un diritto e non un privilegio
Per Caltalks intervistiamo Sabrina Atturo, responsabile del progetto in Ciad della Fondazione Magis, da anni attiva sul campo. In uno dei Paesi più poveri al mondo, la Fondazione Magis sta sviluppando il programma “Per un sistema sanitario resiliente e di qualità nella terra di Toumai - SiSaTou AID 12590/09/8” per unire prevenzione, formazione e sostegno alle comunità locali. Dagli screening gratuiti contro tumori, diabete ed epatite B alla lotta alla malnutrizione infantile, fino alla nuova Unità di screening pre-canceroso con l’Ospedale Le Bon Samaritain. Con lei approfondiamo risultati, sfide quotidiane e il valore di una cooperazione radicata nel territorio.
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Il Ciad è tra i Paesi con il sistema sanitario più fragile al mondo. Quali bisogni avete rilevato sul territorio e da dove nasce il progetto SiSaTou?
Il Ciad, come molti Paesi africani, affronta sfide enormi legate alla salute pubblica, tra cui la scarsità di strutture sanitarie, la mancanza di risorse professionali sanitarie e la difficoltà nell’accesso alle cure. Di fronte a tutto, una delle strade possibili è quella della prevenzione e diagnosi precoce di malattie gravi, come il cancro, il diabete, l'HIV e le epatiti. Molte persone arrivano troppo tardi in ospedale per ricevere un trattamento efficace, e la mortalità per queste malattie è ancora molto alta. È da questa realtà che nasce il progetto SiSaTou, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e implementato dalla Fondazione Magis, che ha l’obiettivo di promuovere la prevenzione, formazione, sensibilizzazione e cura direttamente alla popolazione locale e presso i centri di salute che sono più vicini alla popolazione (come i nostri medici di famiglia), in modo che la gente possa accedere a servizi sanitari essenziali prima che le malattie diventino incurabili.
Gli screening gratuiti per tumori, diabete ed epatite B stanno raggiungendo migliaia di persone. Qual è l’impatto più evidente che state osservando?
Uno degli impatti più evidenti che stiamo osservando è la consapevolezza che si sta diffondendo tra la popolazione. Prima molte persone non avevano nemmeno idea che malattie come l’epatite B e il cancro al collo dell’utero potessero essere prevenute o diagnosticate in tempo. Oggi, grazie agli screening, possiamo identificare i casi in fase iniziale e avviare trattamenti precoci, aumentando notevolmente le possibilità di successo. Un altro impatto positivo è l’accesso gratuito agli screening che abbiamo garantito con il progetto, perché molte famiglie non avrebbero mai potuto permettersi esami del genere. Ma l’aspetto più positivo è sicuramente vedere le persone che, dopo un esito positivo, iniziano a prendere sul serio la loro salute e si rivolgono alle strutture per ricevere cure o prevenzione.
Il vostro approccio punta molto sulla formazione “dal basso”: mamans lumières, relais communitaire, personale sanitario locale. Perché, a vostro parere, questo modello funziona?
Questo modello funziona perché coinvolge direttamente la comunità. Le mamans lumières e i relais communautaires sono persone che vivono e lavorano nelle stesse comunità e villaggi che serviamo. Essi parlano la stessa lingua, condividono la stessa cultura, e perciò sono visti con fiducia dalla popolazione. La formazione di questi attori locali ci permette di radicare il nostro intervento sul territorio e di costruire un sistema di prevenzione e cura che è sostenibile a lungo termine. In questo modo, non stiamo solo offrendo servizi sanitari, ma stiamo creando una rete di persone che, a loro volta, possono sensibilizzare e aiutare altre persone. È un approccio che punta a potenziare le capacità locali e a costruire un sistema resiliente e di qualità anche dopo la fine del nostro intervento diretto.
La malnutrizione infantile resta una delle emergenze più gravi. Come intervenite concretamente e quali risultati avete raggiunto finora?
La malnutrizione infantile è una delle principali cause di mortalità nel Paese e la sua prevenzione è una delle nostre priorità. Interveniamo con programmi di alimentazione terapeutica con farine locali arricchite, ma anche con campagne di educazione nutrizionale che coinvolgono le famiglie. Ad esempio, attraverso il programma di alimenti terapeutici, forniamo integratori specifici per i bambini gravemente malnutriti, mentre con il supporto alle madri insegniamo pratiche di alimentazione sana fin dai primi mesi di vita. Abbiamo visto miglioramenti significativi, con una riduzione delle morti per malnutrizione e un aumento delle famiglie che adottano pratiche di alimentazione più equilibrate e con prodotti locali.
Collaborate con l’Ospedale Le Bon Samaritain e con le strutture sanitarie locali. Qual è il valore di questo partenariato per rafforzare il sistema sanitario del Ciad?
Il partenariato con l’Ospedale Le Bon Samaritain e con altre strutture sanitarie locali è fondamentale per garantire che gli interventi siano sostenibili e che la qualità delle cure resti elevata. Le nostre collaborazioni permettono di migliorare l’integrazione dei servizi e di fare in modo che le persone non vengano solo trattate, ma seguite in un percorso di cura completo. Inoltre, lavorare con le strutture sanitarie locali di primo (centri di salute) e secondo (ospedali) livello, significa anche migliorare la loro capacità operativa, tramite formazione continua del personale e miglioramento delle infrastrutture. In questo modo, stiamo contribuendo a rafforzare il sistema sanitario nazionale, rendendolo più resiliente e capace di affrontare le sfide future. Inoltre, tutte le attività di screening prevedono la raccolta ed elaborazione dei dati da fornire al Ministero della Salute Pubblica per promuovere la conoscenza dei dati sanitari (molto scarsa in Ciad) e per adottare delle politiche sanitarie ad hoc.
Guardando al futuro, quali sono le sfide più urgenti per garantire cure accessibili e prevenzione a una popolazione così vulnerabile?
Una delle sfide più urgenti è sicuramente quella di aumentare la copertura sanitaria a livello nazionale, rendendo la prevenzione e le cure più accessibili a tutti, anche nelle zone più remote tramite la Copertura Sanitaria Universale. Il Ciad ha ancora poche strutture sanitarie e molte famiglie devono percorrere centinaia di chilometri per arrivare a un ospedale o centro di salute. Inoltre, la carenza di personale qualificato è un altro ostacolo importante. A lungo termine, dobbiamo lavorare su un sistema sanitario che non dipenda solo da interventi esterni, ma che possa sostenersi autonomamente. Questo significa investire nell’educazione del personale sanitario locale, nelle infrastrutture e nell’accesso ai farmaci prodotti in Africa. Il nostro obiettivo è quello di costruire una rete sanitaria che permetta alle persone di prendersi cura della loro salute in modo continuo, sostenibile e preventivo in modo che l’accesso alle cure sanitarie sia davvero un diritto per tutti e non un privilegio per pochi.
Servizio a cura di Stefano Calicchio (C) riproduzione riservata

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